Compagnoni, la portabandiera d’oro: a Lillehammer il gigante dal sapore del riscatto

03 Aprile 2020

L’oro del riscatto, della rivincita. Si può descrivere così la medaglia conquistata da Deborah Compagnoni nel gigante valido per le Olimpiadi Invernali di Lillehammer nel 1994, lì dove ha lasciato il segno come solo lei sapeva fare. Ossia con una prima manche monstre, dove ha messo al tappeto tutte le rivali, rendendo così la run conclusiva una mera formalità. L’alloro del riscatto dicevamo, perchè proprio quel gigante che l’ha fatta salire sul tetto del mondo, due anni prima l’aveva costretta ad un lungo stop a causa di un brutto infortunio al ginocchio. Erano i Giochi Olimpici di Albertville del 1992, e Deborah, apparsa in una forma straripante, era lanciata verso altri successi dopo lo splendido oro messosi al collo nel supergigante. Un infortunio accaduto sul più bello e difficile da digerire, ma la campionessa di Santa Caterina Valfurva ha carattere da vendere e rialzarsi per lei non è stata una impresa, anzi.

Affamata e vogliosa di far vedere al mondo intero la sua forza, la campionessa azzurra si è presenta ai nastri di partenza della rassegna a cinque cerchi di Lillehammer con una responsabilità in più. Deborah ha avuto infatti l’onore di essere la portabandiera italiana alla cerimonia d’apertura. Un ruolo prestigioso, ma la gioia più bella deve ancora arrivare. Il 24 febbraio del 1994 Compagnoni prende parte al gigante sulla pista di Hafjell e mezza Italia è al televisore a guardarla: una scelta tutt’altro che sbagliata, poichè la valtellinese fa impazzire i tifosi disegnando traiettorie magnifiche come mai nessuno prima. Solida e cattiva, Deborah rifila quasi un secondo alla tedesca Martina Ertl, la prima inseguitrice. Un distacco clamoroso, la medaglia è già in tasca. Dentro di sé ne è cosciente, ma vietato abbassare la guardia. E così la seconda manche è di nuovo uno spettacolo: la regina azzurra scende che è una meraviglia, e al traguardo Ertl è indietro di ben 1″22. Ancora più attardata la svizzera Vreni Schneider, bronzo ma staccata di due secondi netti. Il secondo oro olimpionico (ne arriverà poi un altro a Nagano nel 1998) è realtà. 

“Le medaglie mi hanno cambiata anche come persona” ha detto qualche anno più tardi la prima atleta ad aver vinto l’oro in tre edizioni diverse dei Giochi nella storia dello sci alpino. Lei invece ha cambiato per sempre la storia dello sport italiano.

Compagnoni, la portabandiera d’oro: a Lillehammer il gigante dal sapore del riscatto

03 Aprile 2020

L’oro del riscatto, della rivincita. Si può descrivere così la medaglia conquistata da Deborah Compagnoni nel gigante valido per le Olimpiadi Invernali di Lillehammer nel 1994, lì dove ha lasciato il segno come solo lei sapeva fare. Ossia con una prima manche monstre, dove ha messo al tappeto tutte le rivali, rendendo così la run conclusiva una mera formalità. L’alloro del riscatto dicevamo, perchè proprio quel gigante che l’ha fatta salire sul tetto del mondo, due anni prima l’aveva costretta ad un lungo stop a causa di un brutto infortunio al ginocchio. Erano i Giochi Olimpici di Albertville del 1992, e Deborah, apparsa in una forma straripante, era lanciata verso altri successi dopo lo splendido oro messosi al collo nel supergigante. Un infortunio accaduto sul più bello e difficile da digerire, ma la campionessa di Santa Caterina Valfurva ha carattere da vendere e rialzarsi per lei non è stata una impresa, anzi.

Affamata e vogliosa di far vedere al mondo intero la sua forza, la campionessa azzurra si è presenta ai nastri di partenza della rassegna a cinque cerchi di Lillehammer con una responsabilità in più. Deborah ha avuto infatti l’onore di essere la portabandiera italiana alla cerimonia d’apertura. Un ruolo prestigioso, ma la gioia più bella deve ancora arrivare. Il 24 febbraio del 1994 Compagnoni prende parte al gigante sulla pista di Hafjell e mezza Italia è al televisore a guardarla: una scelta tutt’altro che sbagliata, poichè la valtellinese fa impazzire i tifosi disegnando traiettorie magnifiche come mai nessuno prima. Solida e cattiva, Deborah rifila quasi un secondo alla tedesca Martina Ertl, la prima inseguitrice. Un distacco clamoroso, la medaglia è già in tasca. Dentro di sé ne è cosciente, ma vietato abbassare la guardia. E così la seconda manche è di nuovo uno spettacolo: la regina azzurra scende che è una meraviglia, e al traguardo Ertl è indietro di ben 1″22. Ancora più attardata la svizzera Vreni Schneider, bronzo ma staccata di due secondi netti. Il secondo oro olimpionico (ne arriverà poi un altro a Nagano nel 1998) è realtà. 

“Le medaglie mi hanno cambiata anche come persona” ha detto qualche anno più tardi la prima atleta ad aver vinto l’oro in tre edizioni diverse dei Giochi nella storia dello sci alpino. Lei invece ha cambiato per sempre la storia dello sport italiano.